Introduzione alla Psicologia dello Sport/3

Introduzione alla Psicologia dello Sport/3

Terza parte – lo psicologo dello sport nel settore giovanile.

Nella prima parte di questa introduzione, centrata sull’importanza dello sport in età evolutiva, siamo partiti dal porci alcune domande che possiamo semplicemente riassumere cosi: cosa può fare di utile per me, allenatore, genitore o atleta, lo psicologo dello sport?

Nella seconda parte, dedicata alla figura dell’allenatore, abbiamo visto quanto sia davvero sempre più complicato, anche se ricco di gratificazioni, l’esercizio di questo ruolo e abbiamo finito con il domandarci se lo psicologo dello sport, che non vuole certo “sostituirsi” all’allenatore perché non possiede le sue competenze e il suo valore agli occhi degli atleti, può rappresentare una valida risorsa di cui avvalersi per continuare ad alimentare la propria passione quando diventa difficile farlo, ricevere sostegno e collaborazione nell’affrontare difficoltà o elementi stressanti di vario genere, acquisire ulteriori conoscenze e modalità attraverso le quali operare nei confronti dei propri giovani atleti su svariati fronti (coinvolgimento, mantenimento dell’attenzione, motivazione, mantenimento della disciplina, rafforzamento dell’autostima, gestione delle emozioni e così via).


A quest’ultima domanda rispondiamo che lo psicologo dello sport può rappresentare indubbiamente una tale risorsa e lo fa, tra i molti che potremmo elencare, soprattutto per questi motivi:

– Contrariamente a diffusi luoghi comuni, lo psicologo, in quanto tale, condivide il valore dell’esperienza sportiva e vuole mettere in campo le proprie competenze affinché questa sia, per ogni praticante, occasione di benessere e crescita, senza partire meccanicamente da propositi di natura diagnostica o terapeutica.

Lo psicologo dello sport deriva tali competenze da anni di studio certificati sui molteplici aspetti caratterizzanti l’esperienza intrapsichica individuale (abilità cognitive, gestione delle emozioni, bisogni e motivazioni, capacità comunicative, ecc.) e le relazioni interpersonali con le relative dinamiche, da ulteriori esperienze e studi nell’applicazione in ambito sportivo di tali conoscenze, quasi sempre da esperienze dirette nella pratica sportiva e, in molti casi, da un approfondito lavoro formativo su di sé, sulle proprie capacità di gestione delle emozioni, di risoluzione dei problemi, di comunicazione e così via (nell’idea che sia generalmente corretto provare prima sulla “propria pelle” ciò che si intende proporre a qualcun altro).

– Tutto ciò rende lo psicologo dello sport un professionista che, secondo a nessun altro, possiede strumenti di intervento efficaci e riconosciuti nel rispetto della particolarità delle situazioni e dell’individualità delle persone. Può avvalersi, ad esempio, della frase ad effetto o del giochino motivante, all’occorrenza generalmente sempre validi ed efficaci nell’immediato, ma nella consapevolezza che risultati a lungo termine richiedono capacità di “stare” nelle situazioni, “sentirle” e “capirle”, riflettere sulle loro peculiarità e, soprattutto, su quelle delle persone coinvolte, proponendo interventi adeguati ai bisogni e alle potenzialità presenti qua e al momento.

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– Lo psicologo dello sport e, eventualmente attraverso il suo supporto, l’allenatore sportivo possono essere diversi da altre figure che, in maniera simile ad una pur esperta guida alpina, conoscono bene solo la “strada maestra” per arrivare in vetta e percorrono sempre e solo quella, perché alla fin fine “va un po’ bene per tutti”. Le cose non stanno precisamente così: non sempre “va bene per tutti”, alle volte essere esperti di un unico percorso può non bastare per arrivare in vetta, spesso lo stesso “arrivare in vetta” può non essere indistintamente l’obiettivo di tutti al momento dato, possono servire delle strade alternative e la capacità di individuarle e percorrerle.

– Lo psicologo dello sport rappresenta un competente “punto di vista” esterno con il quale può risultare estremamente utile un confronto da parte di tutti coloro che, “immersi” nelle situazioni, possono faticare a vedere chiaramente “da fuori” possibili percorsi alternativi di ulteriore crescita personale o del gruppo.

– Se poi è anche psicoterapeuta, aspetto ovviamente non necessario ma possibile, può rappresentare un punto di riferimento non solo per l’individuazione delle poche ma possibili situazioni personali che possono incidere in maniera particolarmente gravosa sulla salute psicofisica dell’atleta (comportamenti a rischio, condotte alimentari devianti, violenti attacchi d’ansia o di rabbia, dipendenze) ma anche per potervi intervenire prontamente.


Nel concreto, per finire, di cosa si occupa lo psicologo dello sport? Ritornando, e chiudendo, sulle domande iniziali: attraverso quali azioni può essere di aiuto a me, allenatore o genitore, alla mia società sportiva o a quella nella quale si allena mio figlio, a me giovane atleta, lo psicologo dello sport?

Per quanto riguarda il settore giovanile gli ambiti di intervento dello psicologo dello sport possono essere:

  • Incontri o corsi di formazione per allenatori, dirigenti, genitori sulle molteplici tematiche sottolineate fino ad ora, tra le quali ad esempio: la prevenzione dell’abbandono sportivo, i comportamenti che possono sostenere e motivare la pratica sportiva dei giovani e quelli che possono appesantirla e renderla sgradevole, la gestione delle emozioni dei giovani atleti (ansia, rabbia e così via), la leadership dell’allenatore (comunicazione efficace, capacità di coinvolgere, come mantenere viva l’attenzione, come mantenere la disciplina, come favorire la coesione del gruppo e via dicendo), come riconoscere ed affrontare i “casi particolari” (ad esempio il bimbo “escluso”, il “bullo”, il “campione”), come comportarsi con il bimbo straniero, come affrontare la vittoria e la sconfitta, la buona prestazione e l’errore, come lavorare al meglio con gli altri membri della Società sportiva e con i genitori.
  • All’interno di una eventuale collaborazione stagionale gli stessi argomenti possono essere affrontati a partire dalla presenza costante dello psicologo all’interno dei vari momenti caratterizzanti l’attività della Società Sportiva (allenamenti, gare, riunioni, incontri con i genitori e così via) consentendo così un lavoro più centrato sulle esperienze concrete che ognuno vive quotidianamente durante ognuna di queste precise e particolari situazioni. Lavoro che può concretizzarsi in momenti formativi e di confronto che coinvolgano tutti ma anche in consulenze individuali o rivolte a piccoli gruppi.

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  • Attraverso attività divertenti, coinvolgenti, adeguate all’età dei partecipanti ma non per questo meno ricche e formative, lo psicologo dello sport può lavorare con i giovani atleti, individualmente o, meglio, in gruppo, per aiutarli a crescere su molteplici importanti aspetti: la collaborazione all’interno del gruppo e con l’allenatore, le modalità con cui rappresentarsi ed affrontare sconfitta e vittoria, l’errore e la buona prestazione, la sportività o il fair-play, la motivazione e l’autostima, la gestione delle emozioni (ansia e rabbia ad esempio) e tutte quelle abilità individuali incluse in percorsi formativi generalmente definiti di “mental training” (tra le quali le abilità attentive e di concentrazione, la gestione delle situazioni ansiogene e stressanti, le abilità di immaginazione e di visualizzazione, le capacità di rilassamento, le abilità di prefiggersi e perseguire delle mete).
  • Seminari o conferenze su tematiche particolari con le quali ogni genitore o allenatore può ritrovarsi a dover entrare in contatto ed agire, all’interno del proprio ruolo e delle proprie competenze: il doping,  il disordine alimentare, le dipendenze, i comportamenti “devianti” e i ragazzi “difficili”, la promozione dell’inclusione sportiva dei disabili

Altri ambiti di intervento cui, in conclusione, accenniamo soltanto, relativi a modalità appartenenti in maniera pressoché esclusiva a versanti professionistici e/o adulti della pratica sportiva sono:

La valutazione psicosportiva, la selezione sportiva, l’accompagnamento ai passaggi di categoria, attraverso colloqui individuali e somministrazione di idonei test.

La psicologia dell’infortunio e della riabilitazione.

La prevenzione del rischio di sovrallenamento.

Lo studio e l’intervento sugli aspetti psicologici del doping, sia sul versante preventivo che riabilitativo.

I training motivazionali (all’interno delle palestre ad esempio), i training anti-stress (all’interno dei centri benessere ad esempio), i cicli di mental training per adulti.

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